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Villa Ghirlanda Silva

La storia

Palazzo Te, viene realizzato in questo curioso toponimo che deriva probabilmente a Tegetum, luogo di
capanne, da Teges, stuoia di giunchi o canne, per volere di Federico II Gonzaga, da un allievo di Raffaello,
Giulio Pippi, detto Romano.
La collaborazione fra Giulio Romano ed il Gonzaga, diede vita ad uno stravolgimento che mutò l’intera
Mantova e non solo della zona del Te. Il Romano fornì inoltre suggerimenti anche per il Palazzo del bosco di
Marmirolo.
L’intervento del Te avvenne su una antica costruzione preesistente, modificandola radicalmente ed
abbellendola.
L’inizio dei lavori avvenne presumibilmente intorno al 1527.

Info per visitabilità

Palazzo Te è comodamente raggiungibile dal centro città in 10 minuti.

Biglietteria
T + 39 0376 323266
Aperto tutti i giorni per la presenza della sede museale cittadina
chiuso il Lunedì

Info scheda: redatta da Mario Allodi
Foto di Mario Allodi

La lettura dello spazio verde

I vuoti del palazzo sono suddivisi in tre grandi spazi: il giardino grande, il giardino segreto e la corte d’onore. Presumibilmente il Romano diede un’idea complessiva della sistemazione, come risulta da uno schizzo planimetrico conservato a Berlino, e probabilmente il giardino grande oggi non esisterebbe se si fosse compiuta l’intera architettura progettata da Giulio Romano che comprendeva due grandi edifici simmetrici, uno dei quali non fu mai iniziato e che sarebbe dovuto insistere sull’area del giardino grande. Nell’idea del G. Romano dovevano esistere due soli spazi aperti: la corte d’onore, la quale doveva consistere in un grande Irrgarten, una sorta di labirinto realizzato con siepi di Tasso come mostra un disegno del 1550 ed il giardino segreto.
Il labirinto era particolarmente caro ai Gonzaga, all’interno di Palazzo Ducale, in tre affreschi è inserito questo tema. Oggi entrando a Palazzo Te il primo spazio in cui si è immersi è la corte d’onore racchiusa dalle architetture interne dell’edificio; la corte una sorta di atrium di villa romana, e sistemata e quadripartita in semplici aiuole cinte da siepi in bosso. Da questo spazio, attraverso la loggia di Davide, una sorta di tablinum, completamento del peristilio che si sarebbe venuto a creare nell’ipotesi del Romano dei due edifici contrapposti, si giunge al giardino grande, del quale si ha un’intera visione. Attraversato il ponte che suddivide le due peschiere simmetriche in cui si specchia la facciata del palazzo con grande effetto scenico, sulle quali si dovevano svolgere delle naumachie ci si trova in un grande spazio simmetrico decorato con quattro grandi aiuole erbose intervallate da vasi; questo luogo doveva essere occupato probabilmente da un pomario. Rivolgendosi all’indietro si può ben vedere la facciata del palazzo nella cui parte centrale è stato aggiunto nel Settecento un timpano neoclassico dall’architetto Paolo Pozzo. A chiusura visuale del giardino grande è posta una grande esedra, attribuita all’architetto Nicolò Sebregondi e realizzata intorno alla metà del Seicento, interpretazione barocca, inspirata ad un dipinto del Romano nella “sala dei Venti” All’estremità nord-orientale del giardino grande è posto uno straordinario gioiello di architettura rinascimentale di perfette proporzioni, il giardino segreto: iniziato nel 1528 e terminato nel 1534 è un spazio raccolto cinto su un lato da un loggiato affrescato con temi floreali tali fa divenire la massa murata parte del giardino e da pareti sulla cui parte superiore sono poste lunette decorate e raffiguranti favole di Esopo. Questo giardino anticamente ricco di fioriture non concesse al giardino grande che doveva sottostare alle regole del giardino all’italiana, era chiamato anche “la grotta” perché sulla parete nord è posta una camera per bagni, interamente decorata con madreperle (oggi perdute) accessibile per mezzo di un portale contornato da roccaglie artificiali. Attualmente questo giardino è formato da semplici aiuole contornate da siepi in bosso nano. L’impostazione generale dei giardini di Palazzo Te era probabilmente terminata intorno al 1537 e gli stessi dovevano essere percorsi da pergolati, giochi d’acqua, statue, distrutte o danneggiate nei secoli successivi.